Ovvietà sulla satira

Circola su Facebook un evento che chiede l’espulsione dalle Forze dell’Ordine dei gagliardi assassini di Federico Aldrovandi. Gagliardi e simpatici, visto che uno di loro -Paolo Forlani- si premurò anche di insultare la madre della sua vittima, tanto per non farsi mancare niente: si astenne solo dallo stuprare qualche cugina di secondo grado di Federico, immagino per mancanza di tempo.

L’iniziativa è ovviamente meritoria, ma -non per sua colpa- grottesca. In un Paese normale, infatti, non ci sarebbe bisogno di una mobilitazione per una cosa talmente scontata: se hai abusato del tuo potere ammazzando senza motivo, non sei degno di indossare la divisa.

Più passano gli anni, infatti, più siamo costretti a ribadire cose ovvie, venendo spesso guardati con gli occhi sbarrati. Per esempio, quando si osserva che Mussolini era un dittatore; che gli elettori devono poter decidere chi eleggere; che un candidato ineleggibile non può essere dichiarato eletto; che se a un referendum vince il “sì” all’abrogazione di una legge, quella legge deve essere abrogata; e altre amene banalità. L’elenco potrebbe continuare a lungo, magari rilevando che se una popolazione non vuole una grande opera cancerogena, quella popolazione deve essere ascoltata; che i lacrimogeni non si lanciano ad altezza uomo, soprattutto su persone a mani alzate; o, ancora, che chi predica la secessione non può sedere nel Parlamento di uno Stato unitario. E così via.

In attesa di essere costretti a fare uno sciopero della fame per ricordare che il sole non è verde e che Giacomo Matteotti non morì di bronchite, oggi ci soffermiamo su un basilare concetto democratico: chi fa satira, può farla su chi gli pare.

Ho già affrontato l’argomento in un altro articolo e solitamente non amo ripetermi; anche perché un satirista che parla di satira svolge un esercizio masturbatorio e autoreferenziale. Ma evidentemente è necessario, viste le reiterate critiche a Maurizio Crozza, reo di avere inserito Antonio Ingroia nel suo carnet di imitazioni. Ingroia, a dire il vero, non si è lamentato. Invece molti ingroiani (non tutti, per carità) si sono sentiti traditi e offesi: ma come, fa satira sull’unica speranza di rinnovamento che abbiamo? Ovviamente, l’elementare osservazione che questo giudizio su Ingroia sia il loro giudizio e non una verità universale, non li sfiora nemmeno.

Naturalmente nessuno di loro osa parlar male della satira, un po’ perché sarebbe poco politically correct, un po’ perché quando Crozza imita Bersani o Monti va tutto bene.

Ecco dunque una breve sintesi delle motivazioni delle critiche a Crozza:

  • Questa non è satira, è cabaret: improvvisamente diventato esegeta della satira, il fondamentalista ingroiano delegittima l’imitazione, sostenendo che essa indugia sulle componenti fisiche e caratteriali, senza entrare nella sostanza del programma elettorale: sfottendo la cadenza o l’indolenza, Crozza sarebbe più o meno sul livello del Bagaglino. In realtà, la caratterizzazione fisica è spesso anche una metafora politica (vedi Bossi e Maroni visti come due muppets): dipende dal contesto.
  • Crozza è arrivato a criticare il programma di Ingroia: Uno scandalo. Un satirista che fa satira sui contenuti politici. Dove andremo a finire, signora mia.
  • Questa è satira codarda, perché fa satira su un partito piccolo: In effetti i satiristi dovrebbero adottare una specie di manuale Cencelli riveduto e corretto: su un’ora di trasmissione, 20 minuti al PD, 15 al PDL, 10 al Movimento 5 Stelle, e così via. Ai partiti che sono sotto l’1%, solo un piccolo flash prima della pubblicità.
  • Crozza fa il gioco di PD, PDL, ecc., prendendosela con l’unico progetto politico credibile; bisogna essere tutti uniti contro il nemico: Un classico ma sempre attuale. Il satirista viene considerato come una specie di giullare al servizio della causa (non la sua, ovviamente, ma quella di chi lo critica). L’idea che egli sia semplicemente un libero pensatore, e che quindi colpisca dove ritiene sia opportuno colpire, non è minimamente presa in considerazione. Ricorda un po’ quando la Guzzanti veniva criticata perché sfotteva D’Alema & C.: anche lei era un’irresponsabile, perché non imitava Berlusconi 24 ore su 24.
  • Visto che Ingroia rischia di vincere, la Rai ha ordinato a Crozza di allinearsi, pena la perdita del posto: La più geniale. A parte il fatto che Crozza lavora per la7 (in Rai ha solo la copertina di Ballarò), seguendo questo ragionamento, a Crozza dovrebbe essere impedito di dire alcunché, vista la sua satira su PD e PDL.
  • Va bene la satira, ma questa satira è esagerata: Solitamente usata da chi non ha letto una riga di Aristofane e quindi non ha la minima idea di quanto storicamente la satira sia corrosiva, questa frase ricorda molto da vicino le teorie berlusconiane sull’eccesso di libertà di stampa.
  • C’è una differenza tra satira e diffamazione: Vero. Ma non si capisce in cosa sia stata diffamatoria la satira su Ingroia. In compenso, se Crozza  avesse detto che Monti fa affari con la mafia o che Bersani va a mignotte, questi fondamentalisti ingroiani si sarebbero spellati le mani e avrebbero tuonato contro chiunque avesse osato accusare Crozza di diffamazione. Magari citando Aristofane (in questo caso a sproposito).

L’unica diffamazione, in realtà, è l’illazione che un satirista della statura di Crozza possa scegliere gli argomenti sulla base di calcoli meschini, ricatti della Rai e personali tiramenti di culo. Ma non credo che Crozza se la prenderà, essendo dotato -a differenza dei suoi detrattori- del dono dell’autoironia.

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